Le parole di Mourinho pesano. Sempre. Ma quelle dette a Monza sono come macigni messi come contrappeso a una sua permanenza alla Roma. L’attacco al club è chiaro, neanche troppo velato dietro le accuse al sistema arbitrale. (…) Non stile, non inesperienza. Ma voglia. In una modalità sempre più diretta contro chi lo ha scelto due anni fa. Segnali chiari di una volontà di strappare. Dalle telefonate non fatte, agli incontri attesi, passando per «mercatini», «club piccolo», «rosa inadatta per competere» e voglia perenne di programmazione. L’escalation verbale di Mourinho sembra avere un solo obiettivo. Tecnico ma anche economico, in un dannoso remake di quanto già visto a Londra e Manchester. Quella famiglia Friedkin, silenziosa fino all’eccesso ma risoluta nel prendere le decisioni. Colpevolmente, a sentire Mou, focalizzate sul business, sullo stadio e sui rapporti politico-internazionali che poco hanno a che fare con le beghe di casa nostra. Fatte di polemiche, calciomercato e arbitri. Il pretesto perfetto per mandare l’ennesimo messaggio. Non certo rivolta a Chiffi o all’Aia, ma a chi non sembra voler appoggiare le sue scelte. E chissà che il silenzio signorile del club nell’affaire Serra non abbia acuito questo senso di distanza. Se si sta consumando un divorzio, lo sanno solo i protagonisti. La voglia di Mourinho però appare sempre più chiara e chissà che non si sovrapponga alla volontà dei Friedkin di cercare un’altra strada. Più sostenibile, più attenta alle urgenze economiche e magari più sotto traccia.
La Repubblica