Oggi alle 13:00 a Trigoria, presso la sala Champions, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione di Claudio Ranieri.
In conferenza c’è Stato anche il Responsabile dell’Area Tecnica della Roma, Florent Ghisolfi.
Prende la parola Ghisolfi: “Grazie a tutti per essere presenti così numerosi. Parlo a nome della famiglia Friedkin. Credo che la Roma abbia bisogno di tornare alle proprie radici che abbia bisogno di qualcuno che le appartenga. Prima di tutto, è un grande allenatore con un’esperienza internazionale, e crediamo che sia la persona ideale per aiutarci in questo progetto. Il mister conosce la squadra. Per concludere, non è solo l’allenatore che vi parla, ma anche il futuro dirigente della Roma, che ci aiuterà a costruire il progetto, affiancando la famiglia Friedkin e noi dirigenti”.
Ha parlato coi Friedkin degli errori che hanno fatto?
“Sapete che io sono diretto, per cui gliel’ho detto chiaramente. E devo essere sincero: lui mi ha lasciato a bocca aperta per le parole che ha usato, per il bene che vuole a questa squadra, a questa città, a questo club, non perché gli appartiene, ma perché sente un legame profondo. Mi ha detto: ‘Non posso viaggiare per il mondo, vedere Roma, Caput Mundi, al centro del mondo, e sapere che la squadra non sta andando bene. So di aver speso tanti soldi senza riuscire a fare ciò che voglio per questa squadra’. Ed è per questo che mi ha chiamato. Ora tocca a me, con la mia esperienza e il mio modo di lavorare. Mi auguro di riuscire nel compito che mi ha affidato. Quando mi ha detto queste parole, non potevo che rispondere di sì. Lo ringrazio, lo ringrazio per avermi riportato a casa, alla mia Roma. I tifosi sanno che, se dico A, farò tutto per raggiungere A, senza tergiversare. Questo è ciò che mi sento di dire a voi e a tutti”.
Ha spinto lei Ghisolfi per l’arrivo di Ranieri?
“È una decisione importante, e questo tipo di decisioni è sempre collettiva. In questo caso, è una decisione collettiva e, alla fine, è soprattutto una decisione del proprietario, la famiglia Friedkin”.
Ranieri: “Per chi è abituato a vedere le cose in modo piramidale, gli americani, con la famiglia Friedkin, le vedono invece in modo orizzontale, collegiale. Le decisioni che verranno prese saranno condivise e approvate da tutti. Stiamo tutti lavorando per portare la Roma dove merita, dove deve stare, dove i nostri tifosi sognano di vederla”.
Come giocherà la sua Roma?
“Io credo che ormai non esista più un sistema base, tranne forse per quelle squadre o quegli allenatori che lavorano da tanti anni nello stesso ambiente. Anche Gasperini, per dire, non gioca più solo con la difesa a 3 e ha costruito la squadra in nove anni. Oggi tutti gli allenatori cercano di apportare modifiche durante la partita per scombinare i piani dell’avversario. Quindi, dirvi adesso che giocherò in un certo modo non sarebbe onesto, né con voi, né con i tifosi, e nemmeno con me stesso. Devo prima vedere chi è in buona forma, in base al mio modo di intendere il calcio. Solo allora deciderò se giocare a 3, a 4, a 5. Non è una questione di moduli, ma di giocatori: voglio atleti che sputino sangue sul campo, che non mollino mai, neanche quando le cose vanno male. Non devono cedere nemmeno un centimetro. Prima di tutto, sono un tifoso, poi un allenatore. Io sono più tifoso di tutti i tifosi. Una volta stavo vincendo 3-0 a Genova e ho perso 4-3. Sono entrato negli spogliatoi e ho detto: ‘Signori, arrivederci’. Per questo chiedo ai nostri tifosi di starci vicino, soprattutto in questo momento. Da ex giocatore, vi dico: giocare in casa, con il tuo pubblico che ti fischia, è la cosa più difficile che ci sia. In trasferta i fischi ti caricano, ma in casa, dai tuoi tifosi, ti spezzano. Capisco che i tifosi erano scontenti, ma vi garantisco che non era per mancanza d’impegno. Io li vedevo, i giocatori correvano, spesso a vuoto, ma ci mettevano tutto. Però le cose non venivano. È sfortuna? Non lo so. Io credo nella fortuna, ma penso che tu debba guadagnartela, sudartela. Può andarti male una volta, due volte, tre volte. Ma se insisti, alla fine deve girare. E girerà. Voglio una squadra e un pubblico coesi. Qui siamo una famiglia: società, dirigenza, allenatori, giocatori, magazzinieri, staff medico, tutti, anche chi si occupa dei campi. Questo è quello che ho detto nel mio primo discorso, rivolgendomi non solo alla squadra, ma a tutti i miei collaboratori. Ho chiesto loro di aiutarmi, perché devo fare meno errori possibile. Non ho tempo di sbagliare. Abbiamo davanti tre partite, una più importante dell’altra. Voglio che i tifosi vengano allo stadio e, anche se le cose andassero male, escano dicendo: ‘Ci abbiamo provato’. Voglio che vedano una squadra che lotta fino all’ultimo secondo. Voglio che escano orgogliosi della squadra. Questo è ciò che mi sento di promettere, ai tifosi e a me stesso.
Ci spiega meglio il suo ruolo da dirigente? Cosa le hanno chiesto i Friedkin?
“Avete fissato un obiettivo specifico per questa stagione? L’obiettivo specifico è cercare di fare il massimo. Oltre al contratto, ho dei premi legati al raggiungimento di tutti gli obiettivi possibili. Quando ero a Lecce, avevo incluso anche la vittoria del campionato. Pensate un po’, una squadra che si doveva salvare. Ho messo tutti gli obiettivi possibili perché non mi voglio precludere niente. So che ci sono delle difficoltà, ma io sono una persona positiva. Non mi concentro su ciò che è andato male o su ciò che non è successo. Sono sempre positivo, fino in fondo. Finché non posso dire: ‘Ho dato tutto me stesso’. Ero così anche da giocatore: sapevo che potevo giocare bene o male, ma l’importante era dare tutto in campo. Perché ci sono persone che fanno sacrifici enormi, come quei tifosi che ho incontrato tornando da Cagliari. Erano tre tifosi che venivano dal Belgio, per seguire la squadra. Ho pensato, Ma che viaggio avete fatto? Sono venuti a Cagliari e poi sono tornati a Roma. Mi hanno detto che era più economico così, ma sono davvero sacrifici enormi. Noi, quando scendiamo in campo, dobbiamo ricordarci anche di questo. Per quanto riguarda il contorno, come ha spiegato, io sono una persona vicina alla famiglia Friedkin, lavoriamo insieme per fare tutto nel miglior modo possibile. Parleremo, decideremo, cercheremo di sbagliare il meno possibile, perché ricordatevi che solo chi fa, sbaglia. C’è un bellissimo detto a Firenze che recita che è più facile criticare che fare. Noi faremo, e saremo criticati, ma cercheremo sempre di fare le cose nel verso giusto. Questo è ciò che mi è stato chiesto. Il Presidente vuole una squadra e una società seria, una società di persone che lavorano. Ha fatto molti cambiamenti e, vedendo Trigoria, non la riconoscevo più. Stanno facendo cose molto belle, diciamocelo. La squadra è la cosa più importante, è il nostro biglietto da visita. Roma è conosciuta in tutto il mondo e il Presidente vuole che sia conosciuta bene anche per il calcio. Questo è ciò che mi ha chiesto”.
Torna Totti?
“Onestamente, è logico che adesso come adesso la cosa principale è riportare la squadra in alto, poi sicuramente si parlerà con Francesco, per l’amor di Dio, perché no, se ci può dare una mano, vediamo quello che ci può dare, non siamo chiusi, io non sono chiuso, questo non significa Totti ritornerà, perché io vi conosco, per vendere tre giornali in più fate il titolone, però siate chiari”.
Cosa ha chiesto Ranieri per il mercato di gennaio?
“Rispondo io (Ranieri ndr), no. No, perché fatemi conoscere, fatemi conoscere nel senso che non conta quando stai fuori e parli, non conta finché non tocchi con mano ciò che ti può dare un giocatore o un altro. La Roma ha preso tanti giovani, tutti validi, ma i giovani vanno inseriti in una squadra compatta. Qui è cambiato allenatore, è arrivato un altro allenatore, e ne arriva un altro. Invece di proteggere questi giovani che sono tutti bravi, stanno un po’ così, allo sbaraglio. Vediamo quelli che sono bravi per me da qui a gennaio. Poi, se c’è l’opportunità, e ci sarà sicuramente l’opportunità di prendere qualcuno, sono sicuro che mi accontenteranno”.
Ghisolfi: “Confermo semplicemente quello che ha detto, adesso è arrivato”.
Si è chiesto cosa sia successo?
“Mi interessa, no? Perché se vado a vedere quello che è successo ieri non raccapezzo più niente. È arrivata una nuova persona, un nuovo allenatore, gli è stata data carta bianca e io devo fare il massimo con questi giocatori. Per cui non mi interessa a me quello che è successo prima. Io devo vedere quello che mi succede da oggi in poi. Da oggi in poi io sono il responsabile”.
Angelino difensore centrale? Dybala e Soulé insieme?
“Prometto che non ci giocherà (ridono in sala stampa ndr). Io credo che possano giocare bene. La squadra è tutta composta da equilibri. Io credo di sì, però questo non sento di prometterlo, perché se poi non lo sento, non faccio una cosa che non sento”.
Figure dirigenziali mancanti?
“Io voglio stare sempre solo, perché per me è importante lo spogliatoio. Io meno gente vedo, meglio è. Io capisco che in Italia la figura di un Presidente ci deve stare. È questo quello che io ho detto al Presidente. Purtroppo in Italia il Presidente deve farsi… E invece, se ci fate caso, tutte le proprietà straniere parlano pochissimo. Io ho 4 anni, diciamo 3, perché poi dopo è venuto Abramovic e lo incontravo soltanto sull’aereo. Non hanno mai parlato, non hanno mai detto niente. E io stavo… grazie a Dio. Cioè noi abbiamo bisogno della figura del Presidente. All’estero non esiste la figura del Presidente. Cioè esiste, ma solo per fine mese. Basta. Per cui, si è reso conto? E se mi ha chiamato si è reso conto. Se ci sono stati dei personaggi che… Beh, questo l’avrà capito lui, io non gli sono stato a dire. Chi era che ha sbagliato? Chi era che ha fatto questo? Perché è successo quell’altro? Lui mi ha detto, io voglio questo, io voglio portare la Roma ad alti livelli. Per questo ho chiamato lei. Che mi deve dire una persona di più? Si sarà reso conto. Io che ho bisogno? Io una volta che ho i giocatori di che ho bisogno? Io non ho bisogno di niente. Cioè, a voi servono perché più persone ci stanno, più notizie riuscite a spillargli. E io vi capisco, ragazzi, io vi capisco. Perché non è facile riempire tutti i giorni le pagine. Non è facile. Avete tutta la mia stima, vi giuro. Poi vi odierò quando scrivete delle cazzate, però… Però avete la mia stima perché non è facile, non è facile.
Progetto o questa stagione è centrale?
Ranieri: “È supercentrale, è supercentrale. Io sono un allenatore, io faccio l’allenatore, ho sempre fatto con visioni lungimiranti. Non è il primo presidente che mi chiede di fare questo. Io ho sempre detto, io voglio scegliere, fare, dire, questo va bene, questo non va bene, non voglio parlare di soldi. Io sono contento dei soldi che mi vengono dati, non mi fate parlare con procuratori, non mi fate parlare, perché non ci voglio parlare. Io voglio dire quello che mi serve e quello che non mi serve. Per cui io sono un allenatore, che poi nei momenti di concentrazione massima si guarda tutto globalmente, questo è un altro discorso. Scusami se ho parlato io per te”.
Cosa ha detto ai tifosi?
“Voglio il massimo da voi, mi dovete dare tutto, tutto perché non è possibile vedere la Roma in questa situazione. Però voglio che voi portiate gioia, qui si viene a lavorare seriamente ma con il sorriso. Io non accetto che si vada in un posto di lavoro, facciamo stare il calcio, in un posto di lavoro con un viso preoccupato e tutto perché ci si annoia. Noi siamo delle persone super fortunate perché ci siamo scelti il mestiere. Ci sono milioni di persone che non ce l’hanno innanzitutto e che neanche se lo possono scegliere. E allora noi, proprio per queste persone che non hanno la nostra fortuna, dobbiamo venire qua con un sorriso largo e dare tutto nel campo. Lavorare con serenità, con rabbia, con determinazione perché solo così si ottengono i risultati. Ed essere ambiziosi. Gli ho detto ragazzi, ve lo risentirete dire perché quando arriveranno tutti parlerò a tutti”.
Ha pensato a far tornare De Rossi in panchina?
“Un’ottima domanda. Onestamente adesso mi è stata data la direzione della panchina, per cui penso a questo. Non mi sento di illudere nessuno. Adesso faccio questo lavoro, poi vediamo. Non è stato già trattato con Friedkin in questi giorni di trattamento? No”.
Gestione Dybala?
“Il caso Dybala. Dico, Presidente, io faccio come mi pare, è chiaro questo? Io non voglio sapere se ha clausole o non ha clausole. C’è stata una volta, un presidente mi ha detto, se gioca questo giocatore, lei va a casa. Io gli ho detto, perché lo voleva fuori dalla rosa. Io gli ho detto, no fuori dalla rosa, fuori non doveva più giocare. Gli ho detto, se lei me lo toglie dalla rosa, lei è il presidente, dichiara che questo giocatore non deve più giocare. Io non posso dire niente, lei è il presidente, lei è il capo, ma se questo giocatore sta nella rosa, io scelgo chi voglio. Lui mi ha risposto, se tu lo fai giocare, io ti mando a casa. Che pensate, ha giocato o non ha giocato? Ha giocato. E me ne sono andato a casa. Ma io allo specchio mi guardo, per cui la prima cosa che gli ho detto, gli ho detto, ma il fatto Dybala? Gli ho raccontato questo fatto. No, no, ragazzi, voi mi vedete sempre col sorriso, col coso, io mi incazzo, sapete quando mi incazzo parlo romano, mando per aria ai tavoli, nello sfoglio. Cioè, è un conto quello che vedete, è un conto che io ai miei Presidenti parlo in faccia. Poi dopo sono tutte rose e fiori, perché poi dopo devo venire davanti a lui”.
Sulla questione fisica di Dybala?
“Quello l’affronterò con il ragazzo. Ragazzi, Dybala si vede che è di un’altra categoria. Pensate che io non voglio offendere i miei giocatori. Io sono gelosissimo dei miei giocatori. Però si vede che quando Dybala va bene, fa la differenza. Allora parlerò con il ragazzo. Io ho visto il calendario, giochiamo ogni tre giorni. Magari potesse giocare sempre, ma non potrà. Io ancora devo parlare con lui. Gli ho fatto i complimenti. Se si ricordava che con la Sampdoria fece un gol Ronaldo e uno lui. Le sette meraviglie. Noi giocammo da Dio. E io all’entrata nel secondo tempo, nel corridoio, feci i complimenti a Ronaldo e a lui. Perché hanno fatto due gol. Uno, se ve lo ricordate, andò di testa su otto metri e ci fece gol. E l’altro fece un gol tipo Totti, al volo. Dybala fece un gol tipo Totti, al volo dall’altra parte. E gli feci i complimenti, se l’hai ricordato. Per cui lui avrà la mia massima considerazione. Certo, poi io starò lì a decidere quanto può giocare. Per me io lo farei giocare 90 minuti tutte le partite. Le potrà fare? Ho dei dubbi. Però se ce la fa, io non lo levo”.
Com’è avvenuta la sua chiamata?
“Florent mi ha chiamato lunedì mattina e mi ha detto Claudio vorrei parlare con te, è venuto a casa mia e poi dopo mi ha chiamato e mi ha detto che il presidente ci aspetta a Londra, partiamo e in quattro e quattro abbiamo fatto il volo per andare solo. È stato deciso così, allenatore, dirigente, persona vicina al presidente, a Floran per cercare di fare tutti insieme il meglio per la Roma”.
Hummels?
“Allora… Mi sono andato a vedere un po’ di partite, no? Mi sono visto la finale con Real Madrid, mi sono visto quella con il Paris Saint-Germain, che ha fatto un gol, ha dato una capocciata, ha rotto la rete. Ma perché non deve giocare questo ragazzo? Vediamo. Vediamo, pure lui ha una certa età, è tutto. Vediamo. Io scelgo chi mi fa vincere, al di là del sistema e del coso. Poi posso sbagliare, perché l’allenatore bravo è quello che sbaglia di meno”.